UN BOCCONE DI SPERANZA
22 giugno 2025 – Solennità del Corpus Domini
VANGELO
Dal Vangelo secondo Luca – In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
RIFLESSIONE
Quanto deserto intorno a noi, ma anche dentro di noi!
Quante persone affamate di attenzione e di cura!
Quanta fame di pace! Quanta fame di senso!
Quanto ci sentiamo al tramonto, pessimisti e desolati.
Esattamente come il giorno di cui ci parla il Vangelo.
Abbiamo bisogno di un boccone di speranza.
“Speriamo!”, diciamo spesso. Ma il tono può essere diverso.
Speranza non è la viltà dei deboli, di quelli che per impotenza e debolezza bofonchiano pessimisti: “booo, speriamo”.
Speranza non è l’alibi dei pigri che non fanno nulla attendendo che altri si impegnino, mentre sbadigliano “chissà, speriamo”.
Speranza non è l’uscita di sicurezza dei rassegnati che alzano le spalle, sforzando un “mah, speriamo”.
Speranza è la virtù dei forti, che trovano nel negativo il senso del positivo. È nella fame che si percepisce la preziosità di un boccone. Allora decisi si motivano: “dai! speriamo!”.
Dio ci insegna a cavarcela senza Dio.
L’amore di un genitore è vero quando rende il figlio autonomo, indipendente, responsabile. Se invece fa le cose o le risolve al suo posto, lo rende debosciato, vuoto, insulso, scimunito.
“Date loro voi stessi da mangiare”, dice Gesù.
Frase grammaticalmente geniale, perché “voi stessi” è 2 cose.
Può essere “soggetto”: voi date qualcosa a loro, anche se poco.
Può essere anche e soprattutto “complemento oggetto”: date voi stessi in cibo. Voi siete il cibo per la fame che c’è.
Ciascuno di noi è un boccone di speranza.
Václav Havel (1936-2011) è stato scrittore e attivista contro la dittatura comunista in Cecoslovacchia, promuovendo diritti umani, libertà e democrazia. Nel 1989 fu uno dei leader della “Rivoluzione di Velluto”, movimento non violento che portò alla caduta del regime. Divenne primo presidente della Repubblica di Cecoslovacchia (1989–1992) e poi della neocostituita Repubblica Ceca (1992-2003).
In un periodo in cui fu incarcerato un giorno scrisse:
“La speranza è una dimensione dell’anima e non dipende da calcoli sulla situazione.
La speranza non è una previsione, ma un orientamento dello spirito e del cuore.
La speranza non è la convinzione che una cosa finisca bene, ma la certezza che abbia un senso al di la da come va a finire.
La speranza è la capacità di impegnarci in qualcosa perché è giusto e non solo perché è sicuro che avrà successo.
La speranza non è ottimismo. Più avversa è la situazione in cui dimostriamo speranza, più profonda è questa speranza.
La speranza ci dà la forza di vivere e di continuare a tentare, anche in condizioni disperate come quelle che ci circondano”.
Havel che ha vissuto la fame vera per la repressione del regime ma ha avuto soprattuto fame di senso e di pace, ci dimostra che è possibile essere bocconi di speranza.
Dio si fa prendere in mano e mangiare come pezzo di pane per insegnarci ad essere bocconi di speranza.
Il corpo di Cristo, il “Corpus Domini”, è la presenza di Gesù in noi per riempirci della virtù dei forti. A noi la scelta di decidere se dire “mah speriamo” o “dai! Speriamo!”.
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CELEBRAZIONE DELLA MESSA
Sabato – ore 18
Domenica – ore 10 e 18