CHIUDERE UN OCCHIO, ANZI DUE – 26 ottobre 2025
VANGELO
Dal Vangelo secondo Luca – In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
RIFLESSIONE
Per mantenere un amico bisogna chiudere un occhio, per amare bisogna chiuderli tutti e due.
C’è qualcuno che chiude un occhio soltanto per mirare meglio.
Gli “occhi chiusi” possono diventare scudo e alibi per non vedere, per far finta di niente, per ignorare, oppure possono trasformarsi in occasione di interiorità per comprendere in modo diverso, per scavalcare l’apparenza della prima impressione, per smascherare presunzioni e fissazioni, per liberarsi da ciò che gli altri ti vogliono far vedere.
Le cose più dense della vita si fanno ad occhi chiusi.
Un neonato nell’abbraccio della mamma chiude gli occhi. L’intensità dell’amore si vive a occhi chiusi. I sogni arrivano a colorare la vita quando gli occhi sono chiusi. I pensieri più intensi sulla vita portano a isolarsi a occhi chiusi. Se ti trovi a assaporare qualcosa di speciale – un gusto, una musica, un profumo – d’istinto chiudi gli occhi.
Nel Vangelo di oggi due uomini si mettono davanti a Dio.
Una preghiera giunge a Dio, l’altra non va oltre il soffitto.
Uno critica subito gli altri, l’altro guarda prima a se stesso.
Uno impone la sua idea, l’altro si mette in discussione.
Uno è attirato dagli errori, l’altro cerca il bene.
A noi viene facile accusare il fariseo, ma se guardiamo bene a quello che lui fa dovremmo arrossire di vergogna perché ci batte tutti. Leggiamo la Bibbia con assiduità come lui? Digiuniamo? Diamo una parte del nostro stipendio ai poveri? Tutto questo lui lo faceva e con assiduità. Noi no.
Eppure in questo quadro esemplare c’è un corto circuito, che è poi la differenza fondamentale tra i due: il fariseo è l’uomo religioso, il pubblicano è l’uomo di fede.
Il fariseo ha gli occhi spalancati del perbenismo superbo per cogliere bene quello che manca, che non va o non c’è.
Il pubblicano ha gli occhi socchiusi dell’autocoscienza umile: per lui conta l’interiorità e l’intenzione, non l’apparenza.
Uno prega “tra sé”: unico criterio è “io, io, io”. L’altro si affida a un “tu” da cui si fa interpellare.
Il fariseo è autoreferenziato, il pubblicano cerca un oltre.
Il mitico giornalista Indro Montanelli con la sua ironia scriveva che sia Alcide De Gasperi che Giulio Andreotti andavano a Messa tutte le mattine: De Gasperi per parlare con Dio e Andreotti per parlare col parroco e avere le ultime notizie della borghesia romana. Non faccio giudizi o paragoni, ma ne colgo la provocazione: come ci mettiamo davanti a Dio?
Parlare con Dio apre alla dimensione dell’al di là. Insegna ad andare al di là delle apparenze, spinge al di là dei pregiudizi smascherando falsità, per vedere altro, per guardare l’altro, per percepire l’oltre.
Questo è possibile solo chiudendo un occhio, anzi due.
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CELEBRAZIONE DELLA MESSA
Sabato – ore 18
Domenica – ore 10 e 18