LA LIVELLA
2 novembre 2025 – Solennità di tutti i Santi e commemorazione dei Defunti
VANGELO
Dal Vangelo secondo Matteo – In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
RIFLESSIONE
“Vorrei che la morte mi trovi vivo” (Marcello Marchesi).
È una grande preghiera che ci insegnano i nostri defunti, che se sono in paradiso sono i nostri santi patroni diretti, sono i santi nostrani e casalinghi che ci stanno accanto.
Il loro “al di là” ci fa prendere sul serio il nostro “al di qua”.
Il loro passato ci fa prendere sul serio il nostro presente per arrivare a condividere un futuro di pienezza.
Mons. Giacomo Radini Tedeschi, Vescovo di Bergamo, sta morendo e al suo segretario, il giovanissimo don Angelino, confida: “Ricorda: per fare l’uomo e il cristiano bisogna sempre pensare in grande, puntare alto e guardare lontano”. Don Angelino plasmò la sua vita su questo insegnamento, da Bergamo, partì per angoli del mondo, per finire poi a Roma, come Papa, Giovanni XXIII. Ma soprattutto è diventato Santo. E quel suo volto luminoso tutti lo abbiamo ben presente.
È la sfida di Gesù, morto e risorto, è il segreto del compimento della vita dei nostri cari.
Vorrei che la morte mi trovi vivo. Sembra scontato, in realtà molti non vivono ma vivacchiano, esistono solamente, sono morti dentro. Ciascuno si è trovato a dire: “Non vivo più, ho troppe cose da fare! Non riesco a godermi la vita! Non ho più una vita!”.
Pregare e celebrare i Santi e i Morti è entrare nel loro mistero. Come? Ad esempio provando ad immaginarsi cosa farebbero se potessero tornare indietro, ora che hanno visto “come stanno le cose”, per capire cosa cambiare, cosa fare, cosa scegliere, cosa smuovere, cosa iniziare, cosa coltivare, cosa analizzare, cosa aggiustare, cosa recuperare, cosa cercare, cosa condividere, finché si è in tempo, perché la morte possa trovarci vivi.
Concludo proponendo un momento di riflessione con il testo (e il video) di una poesia di Totò: “A livella”. Con amara simpatia mostra che la morte non è solo triste, ma che innanzitutto e soprattutto è “seria”, cioè fa prendere sul serio la verità della realtà.
Se è importante augurarci che la morte ci trovi vivi, la risurrezione è la speranza certa che rende viventi.
Indipendentemente dall’essere marchesi o spazzini, i nostri morti, Santi nostrani e casalinghi, ci insegnano dall’al di là che determinante è nell’al di qua pensare in grande, puntare alto e guardare lontano.
PER VEDE ‘A LIVELLA
Traduzione dal napoletano
Ogni anno il 2 novembre c’è l’usanza di andare al Cimitero. Ognuno deve fare questa gentilezza; ognuno deve avere questo pensiero. Ogni anno puntualmente in questo giorno di questa triste e mesta ricorrenza anch’io ci vado e con dei fiori adorno il loculo marmoreo di zia Vincenza. Quest’anno m’è capitata un’avventura. Dopo aver compiuto il triste omaggio, Madonna! se ci penso, che paura! ma poi mi diedi anima e coraggio. Il fatto è questo, statemi a sentire. Si avvicinava l’ora di chiusura: io, piano piano, stavo per uscire buttando un occhio a qualche sepoltura. “Qui dorme in pace il nobile marchese signore di Rovigo e di Belluno ardimentoso eroe di mille imprese morto l’11 maggio del ’31”. Lo stemma con la corona sopra a tutto, sotto una croce fatta di lampadine; tre mazzi di rose con una lista di lutto: candele, candelotte e sei lumini. Proprio accanto alla tomba di questo signore c’era un’altra tomba piccolina, abbandonata, senza nemmeno un fiore; per segno, solamente una piccola croce. E sopra la croce appena si leggeva: “Esposito Gennaro netturbino”. Guardandola che pena mi faceva questo morto senza neanche un lumino! Questa è la vita! tra me e me pensavo: chi ha avuto tanto e chi non ha niente! Questo pover’uomo s’aspettava che anche all’altro mondo era pezzente? Mentre rimuginavo questo pensiero, s’era già fatta quasi mezzanotte e rimasi chiuso prigioniero, morto di paura, davanti alle candele. Tutto a un tratto, che vedo da lontano? Due ombre avvicinarsi dalla mia parte. Pensai: questo fatto a me mi pare strano. Sono sveglio, dormo o è fantasia? Altro che fantasia! Era il Marchese con la tuba, la caramella e il pastrano; quell’altro dietro a lui un brutto arnese, tutto fetente e con una scopa in mano. E quello certamente è don Gennaro, il morto poverello, il netturbino. In questo fatto non ci vedo chiaro: sono morti e si ritirano a quest’ora? Potevano starmi quasi a un palmo, quando il Marchese si fermò di botto, si girò e piano piano calmo calmo, disse a don Gennaro: “Giovanotto! Da voi vorrei saper, vile carogna, con quale ardire e come avete osato di farvi seppellir, per mia vergogna, accanto a me che sono blasonato! La casta è casta e va rispettata, ma voi perdeste il senso e la misura; la Vostra salma andava, sì, inumata; ma seppellita nella spazzatura! Ancora oltre sopportar non posso la vostra vicinanza puzzolente. Urge quindi che cerchiate un fosso tra i vostri pari, tra la vostra gente”. “Signor Marchese, non è colpa mia, io non vi avrei fatto questo torto; mia moglie è stata a fare questa fesseria, io che potevo fare se ero morto? Se fossi vivo vi farei contento, prenderei la cassa con dentro le mie quattro ossa e proprio adesso, in questo stesso istante entrerei dentro a un’altra fossa”. “E cosa aspetti, oh turpe malcreato, che l’ira mia raggiunga l’eccedenza? Se io non fossi stato un titolato avrei già dato piglio alla violenza!” .“Fammi vedere! prendi ‘sta violenza… La verità, Marchese, mi sono stufato di ascoltarti e se perdo la pazienza, mi dimentico che son morto e son mazzate! Ma chi ti credi d’essere, un dio? Qua dentro, vuoi capirlo che siamo uguali? Morto tu e morto io: ognuno come l’altro tale e quale”. “Lurido porco! Come ti permetti paragonarti a me che ebbi natali illustri, nobilissimi e perfetti, da fare invidia a Principi Reali?”. “Ma quale Natale, Pasqua e Epifania!!! Te lo vuoi ficcare nel cervello che sei ancora malato di fantasia? La morte sai cos’è? È una livella. Un re, un magistrato, un grand’uomo, passando questo cancello, ha fatto il punto che ha perso tutto, la vita e pure il nome: non ti sei fatto ancora questo conto? Perciò, stammi a sentire: non fare il restio, sopportami vicino, che t’importa? Queste pagliacciate le fanno solo i vivi: noi siamo seri… apparteniamo alla morte!”
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CELEBRAZIONE DELLA MESSA
Venerdì 31 – ore 18 prefestiva della solennità dei Santi
Sabato 1 novembre – festa dei Santi – ore 10 e 18
Domenica 2 novembre – memoria dei defunti – ore 10 e 18
Da questo fine settimana tutte le Messe (prefestive e festive) saranno in diretta televisiva su SEILATV – canale 94 (digitale terrestre Lombardia) oltre che in Diretta streaming da questo sito