SAGACI O FURBI?
21 settembre 2025
VANGELO
Dal Vangelo secondo Luca – In quel tempo, Gesù diceva: «Un uomo ricco aveva un amministratore che fu accusato di sperperare i suoi averi. Lo chiamò: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione”. L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando ci sia qualcuno che mi accolga”. Chiamò i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne. Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti.
RIFLESSIONE
Chi fa sbaglia, chi non fa critica.
Chi fa molto sbaglia molto; chi fa poco sbaglia poco. Non sbaglia mai chi non dice nulla, non fa nulla, non è nulla.
“E chi non sbaglia mai perde un sacco di occasioni per imparare qualcosa” (Thomas Edison, inventore).
Certo che Gesù Cristo è proprio strambo! Ci dice: “Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza”. E quindi? Si può tutto?
Il protagonista ha le mani sporche e diventa un modello. Come è possibile?
Quando nel motore qualcosa non funziona, bisogna guardarci dentro e metterci le mani, però ci si sporca.
L’amministratore vede la sua vita bloccata, guasta, rotta. Anche se si sporca, apre il cofano della sua interiorità, controlla i livelli (magari un po’ bassi) della sua coscienza, e comincia a cercare i guasti e a sistemare i pezzi rotti.
Gesù nel Vangelo loda non la frode, ma la sagacia con cui si affronta il presente per far ripartire il futuro. Quel tale non ha rubato, ma ha sperperato e gestito male.
Ci insegna perciò la differenza tra sagacia e furbizia. Non sono sinonimi perché implicano due intenzioni opposte.
Per il “sagace” (parola ma anche atteggiamento in disuso) “il tempo è superiore allo spazio, l’unità prevale sul conflitto, la realtà è più importante dell’idea, il tutto è superiore alla parte, il processo conta più del risultato” (Papa Francesco).
Il furbo invece per avvantaggiarsi “divide et impera”, usa le mezze verità (più pericolose delle menzogne) perché per lui il risultato conta di più delle persone.
Il sagace mette le mani per sistemare anche sporcandosi, il furbo manipola attento a non lasciare impronte.
Il sagace considera che gli amici sono una ricchezza. Il furbo pur di guadagnarci si finge amicone.
Il sagace è attento alle situazioni, il furbo è attento solo a sé.
Il sagace trae il meglio da ciò che ha, il furbo vuole il tanto.
Il sagace impara dagli errori, il furbo li nasconde.
Il sagace si nutre di umiltà, il furbo si abbuffa di superbia.
L’amministratore nella crisi sagacemente grida aiuto.
Forte un intervento di Papa Leone XIV:
“Gesù ci insegna a non avere paura di gridare, purché il grido sia sincero e umile, fatto non per ferire, ma per affidarci. Il grido viene da dentro ed è diverso dall’urlare contro. Il Vangelo conferisce un valore immenso al gridare: addirittura può essere una forma estrema di preghiera quando non ci restano più parole. Trattenere tutto logora. Gridare è il primo atto alla nascita ed è un modo per restare vivi. Si grida quando si soffre, quando si ama, quando si chiama, quando si chiede aiuto. Si grida sempre per desiderio, perché si crede che ci sia qualcuno che può ascoltarci. Gridare è una via per non cedere al cinismo, perché è far uscire da dentro una speranza che non si rassegna e continua a credere che un altro mondo è possibile. In un tempo che premia l’autosufficienza, l’efficienza, la prestazione non c’è nulla di più umano e nulla di più divino del saper dire ‘ho bisogno’, soprattutto se non lo si merita”.
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CELEBRAZIONE DELLA MESSA
Sabato – ore 18
Domenica – ore 10 e 18